venerdì 4 maggio 2012


SECONDO FLASHBACK (Claudio ricorda)

Oh Merilù

Ma guarda un po’ che serata. Scemo io che li ho cercati. Che fossero degli stronzi l’ho sempre sospettato, ma non fino a questo punto. E pensare che fino a poco tempo fa questi amici erano tutta la mia vita. E quando eravamo regazzini allora? Non parliamone. Kiko, Aldo e Gigi con me avrebbero potuto diventare i nuovi Beatles… sarebbe bastato un po’ di fortuna, perché eravamo dei mostri, ma soprattutto sarebbe bastato che gli altri tre non avessero sempre in mente quella sciacquapalle della Merilù… Che tempi, vacca rana. Sembra ieri, ma sono già passati sei anni. Ricordo ancora l’emozione quando comprammo la prima chitarra: la mia era una Kit di terza mano. Giorni e giorni sulla “Bambolina che fa no no no” e sulla “Canzone del sole” di Battisti (ebbene sì, tutti i giovani chitarristi degli anni Sessanta hanno cominciato con questi quattro accordi maggiori: La… Mi… Re… Mi… a proposito devo scrivere a quel mio amico di Milano che mi ha mandato la sua ultima canzone che si chiama “Ferragosto” per dirgli che fa cagare), poi via col grande beat. Avevamo trovato una cantina a seimila lire al mese… un amplificatore quasi inesistente, ma ci davamo dentro con il repertorio dei Beatles e dei Rolling Stones, e alla fine (ce l’aveva insegnata il papà di Kiko un giorno che era a casa dal lavoro) si terminava sempre con “Rock around the clock” suonata in Re (Perché in Re e non in Mi come Dio comanda? Ragioni artistiche? Ma non diciamo cazzate… semplicemente perché io mi incasinavo con le dita e non riuscivo a fare il Si7). Mia mamma preparava il supplì, Gigi portava una sigaretta fregata a suo padre (e ce la fumavamo in tre, perché grazie al cielo Aldo non fumava), e per tre ore sognavamo il momento in cui ci saremmo esibiti a Woodstock o all’isola di Wight. Ma quando il clima si faceva magico, quando la musica cominciava a decollare, quando il gioco si faceva duro ed i duri avrebbero potuto cominciare a giocare c’era sempre qualcuno che diceva “scusate, interrompiamo… non sto bene” ed usciva fuori solo per vedere se affacciata al balcone ci fosse quella stronzissima della Merilù. Ci ha divisi. E’ stata la nostra Yoko Ono… Beh, sinceramente mica è stata lei l’unico ostacolo… mettiamoci anche il padrone che voleva i soldi dell’affitto (e chi ce li aveva?) mettiamoci la vecchia che minacciava sempre di chiamare i carabinieri… Eppure eravamo forti. “Come cazzo ci chiamiamo?” ci eravamo chiesti dal primo giorno.  Uno proponeva “The musical beat and rock sound system”, un altro “i figli del diavolo”, Aldo che faceva il classico propose “Fervet opus”, o, come scrissi io sul foglietto su cui raccoglievamo tutte le proposte, “Ferve Topus” (non ho mai saputo che cazzo volesse dire…), poi grazie al cielo passò la mia proposta di chiamarci “i Sandokan”, un nome gagliardo trovato sull’ “Enciclopedia dei Ragazzi” . Altra questione mica da ridere per dei beatniks come noi che avevamo nel sangue il “Liverpool sound”: dove troviamo i soldi per la batteria? Non li trovammo da nessuna parte ed infatti usavamo due fustini del Dixan... Ma eravamo forti, un vero mito saremmo potuti diventare… tanto che una sera ci chiamarono a suonare al Fox… Non dimenticherò mai quanto spendemmo per noleggiare gli abiti adatti… non dimenticherò mai le ore ed ore di prove per copiare alla perfezione la mossa dei Rokes in “Bisogna saper perdere”… ma non dimenticherò mai neppure che alla quarta o quinta canzone qualcuno gridò “a coatti… se manco sapete suonare non è meglio che vi togliete dai coglioni?… ma ve ne volete annà o ve dobbiamo cacciare a pedate nel culo?”. Ci guardammo in faccia, attaccammo “Rock around the clock” (rigorosamente in Re, nonostante Kiko mi supplicasse di farla in Mi) e poi via… senza manco il coraggio di andare a ritirare le venticinquemila lire che ci avevano promesso. Io avevo le lacrime agli occhi e continuai per tutta la sera a dire, ragazzi non ci siamo esercitati abbastanza, alla musica dobbiamo dedicare più tempo e tutti a trovare scuse… io ho judo… io devo studiare… io abito lontano… balle… tutti e tre si catapultavano come deficienti sotto il balcone della Merilù. La cosa mi scocciava un casino, anche perché, ormai posso ammetterlo tranquillamente,  avrei voluto esserci io sotto quel balcone. Anche a me piaceva da pazzi. A noi ci ha rovinato la Merilù. E’ stata la nostra Yoko Ono. Ma sono stati anni stupendi. E’ stata un’amicizia stupenda. Stasera mi hanno deluso.




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