Capitolo 2
Aprile
Che begli amici
Passarono tre settimane di passeggiate, baci, risate,
gelati, ma né io né Camilla parlavamo di “metterci assieme”. Forse la parola ci
faceva paura; io (ma quante volte avrò ancora modo di dirlo raccontando di
quegli indimenticabili sette mesi?) non mi sentivo sicuro… e lei forse
aspettava impaziente che io mi sentissi sicuro. Quando Camilla mi disse che
avrebbe dovuto trascorrere un week end in Umbria con i genitori, per sistemare
alcune questioni familiari, per un attimo mi sentii mancare il terreno sotto i
piedi, poi mi dissi che per anni avevo passato tutti i sabato sera al bar con
gli amici e così avrei fatto ancora per una volta.
Mentre mi avvicinavo al locale, con la camicia bianca
fresca di bucato, i jeans di marca ed i mocassini a punta, pensavo a come mi
avrebbero accolto i miei amici. Un semplice ed asciutto “ciao, toh chi si
rivede?” o un esplosione di gioia, un applauso, un urlo da stadio?
Il primo a vedermi da lontano fu Marco detto Cristo in
bici, perché era stato per un paio d’anni in seminario prima di fuggirne
inorridito, ma gli era rimasta l’abitudine di intonare col suo vocione ad ogni
piè sospinto: “Christus vincit, Christus regnat, Christus Christus imperat”. E
noi a fargli il coro, ma a modo nostro: “Cristo in bici, Cristo frena, Cristo
Cristo è lì in terra”. Era davanti al bar a parlare con suo padre che aveva
appena giocato la schedina del Totocalcio e stava tornano a casa, conoscendolo
penso che volesse scucirgli un deca… ma quando mi vide si congedò dal padre,
entrò nel locale… ed uscirono in nove!!!
Gigi era paonazzo per l’emozione e cominciò a gridare “A Cristo
in bici, ma questo non è Claudio…
questa è la pecorella smarrita di cui parlate voi preti”.
Intanto Paolino “puzzetta” e Michele “flipparolo”
urlavano all’orecchio di Mattia “dai che lo circondiamo, ragazzi c’è da
divertirsi con la pecorella smarrita”
“E dàgli con ‘sta pecorella smarrita… -dissi tra me con
una smorfia- questa non mi piace”.
Due o tre del gruppo facevano il gesto di inchinarsi e
prostrarsi come nei film sul medioevo
Kiko invece avanzava verso di me: “ma che onore, ragazzi,
sua eccellenza si ripresenta all’umile compagnia dopo un lungo mese… ma dov’è
il tappeto rosso? Dove la banda? Bentornata la nostra pecorella smarrita”.
Mi maledissi per la mia idea di passare la serata al bar.
Se solo li avessi visti ed avessi capito le loro intenzioni sarei sgattaiolato
via… ero riuscito a defilarmi da una manifestazione, possibile che non
riuscissi a defilarmi da una decina di stronzetti?
Ma Gigi mi prese per le spalle e mi spinse al centro del
gruppo.
“Possiamo avere l’onore di conoscere il motivo della
vostra lunga assenza o nobile signore?”
“Beh ragazzi, visto che non trovo lavoro ho deciso che a
settembre mi iscrivo a lingue…”
Mi accorsi di aver detto una parola veramente infelice e
che si poteva prestare a mille battutacce, mi sarei sprangato da solo, ma ormai
era inutile piangere sul latte versato.
“Ah le lingue, capisco” fece Puzzetta mimando con
la lingua un bacio erotico come le puttane nel film “Roma” di Fellini.
“Cazzo ragazzi lasciatemi parlare… mi iscrivo a lingue,
ma io conosco solo l’inglese, quindi mi sono messo a studiare…”
“Con Camilla?” interruppe Aldo che fino a quel momento
era rimasto silenzioso.
Ormai avevo imboccato una corsia e non potevo uscirne.
“Sì con Camilla, proprio. Mi aiuta in francese.”
“A Clà, facci capire -intervenne Cristo in bici-
ma con Camilla che ci studi oltre al francese del french kiss, del rendez vous
e del pied à terre…? Anatomia? Scopologia? Scienza del letto?”
“Cazzo, ma saranno cazzi miei?”
“Ragazzi, se si scalda vuol dire che la cosa è grossa.
Sotto con le domande, a chi tocca?” infierì Andrea.
“Ragazzi ci conosciamo da anni, a voi non ho mai mentito. A me di
Camilla non me ne frega niente”.
“Sì, ma te la sei fatta o no?” questo era Mattia, il
brufoloso borgataro capace solo di taroccare motorini e sbavare sugli amori
degli altri.
Memore della scenata in piazza di Spagna evitai di
rispondere.
“Allora?” fece Aldo prendendomi per un braccio.
“Allora niente. E’ una rompicoglioni… ho deciso che ci
sto assieme un po’ per divertirmi e farmi quattro risate… anche te Andrea
quando hai preso la patente ti sei preso una cinquecento scassata per imparare
a fare le manovre, no? Poi il giorno che rompe le invento una bugia, la prima
che mi viene in mente, tanto è così scema che ci crede, e la mando via.
Ma Cristo in bici finse di non aver sentito e
continuò imitando con la voce il cardinale vicario.
“E proprio tu, Claudio, il più fedele al sacro vincolo
del gruppo… chi avrebbe mai pensato che proprio tu avresti per primo
abbandonato il nostro sodalizio?”
“Sai che dispiacere… una congrega di stronzi ecco cosa
siete”.
“No giovane Claudio, novello Romeo, novello Tristano,
novello checazzonesò… non devi provare dispiacere per questa tua dipartita che
farà di te uno sposo amoroso e felice… bacetti… confetti… bimbetti…”
E tutti ad intonare sull’aria della marcia nuziale
“Con tanto amor/ a
questo altar
Claudio e Camilla
si vanno a sposar…
Chissà perché/
chissa perché
forse Camilla
aspetta un bebé”
“Oh sentite… Andate a fare in culo. Ma, dico, l’idea di
farvi i cazzi vostri proprio non vi passa manco per la mente?”
“Se ti scaldi vuol dire che sei cotto davvero” infieriva
Andrea.
“Cotto io? Ma siete scemi?”
“Cotto marcio. La piccola ti ha fatto un buco nel cuore”
aggiungeva Aldo.
“Il buco …” stavo per dirne una grossa, ma mi fermai in
tempo.
Cristo in bici riprese il suo tono officiante.
“Preghiamo per la pecorella smarrita Claudio che non ha più bisogno dei suoi
amici, ma solo del suo grande amore. Basteranno le nostre preghiere, unite al
bel corpo di Camilla…”
Non volli sentire altro, li strattonai e me ne andai
gridando con quanto fiato avevo in gola “Andate vaffanculo!!! Tutti!!! Dal primo all’ultimo!!!”.
Li sentii di lontano che intonavano sghignazzando:
“Cristo in bici… Cristo frena…”
Tornai a casa che non erano ancora le dieci. Dissi a mia
madre che avevo mal di testa e mi infilai a letto.
Due giorni dopo chiesi a Camilla di metterci assieme. Mi
strinse forte e mi baciò a lungo senza parlare.