PROSPETTIVA NEWSKIJ
Ho un ricordo bellissimo di una gita, o meglio di un viaggio di istruzione che ho fatto da ragazzo in Unione Sovietica, quando ero Pioniere. E’ stata un’esperienza indimenticabile, non solo perché a quell’età qualunque viaggio in terre lontane lo diventa, ma anche perché mi ha fatto vedere da vicino una realtà politica che neppure immaginavo, ma che tante volte avevo pensato ed idealizzato. Quel viaggio mi ha profondamente cambiato. Un maestro mi parlò per giorni e giorni, ma solo la frase che mi disse a tu per tu poco prima del nostro ritorno in Italia ha lasciato un segno nel mio cuore. Da allora sono ancora di sinistra, ci mancherebbe, ma lo sono in maniera diversa, più consapevole e senza fette di salame sugli occhi.
Il ricordo più vivo ed insistente di San Pietroburgo (ma al tempo in cui io l’ho visitata si chiamava ancora Leningrado) è il freddo. Trenta gradi sottozero, un vento gelido che imperversava spazzando le vie e le piazze di questa antica e bellissima città. Ricordo lo stupore con cui guardavamo enormi cumuli di neve che il vento accatastava contro i muri e poi disintegrava come se una raffica di mitra li avesse colpiti. Le guardie rosse accendevano fuochi per tenere lontano i lupi (almeno così ci avevano detto e così a noi piaceva pensare). Nonostante il freddo un’interminabile fila di vecchine col rosario in mano si avviava verso la cattedrale. Le tre ragazze del nostro gruppo avevano voluto assistere alla messa ortodossa, ma noi, memori di un’esperienza simile vissuta in Jugoslavia nell’estate precedente, avevamo preferito aspettare fuori, seduti sui gradini. Fissavamo, forse senza vederlo, un enorme ritratto di Nijnshisky, prematuramente scomparso. che campeggiava davanti a noi. Il più audace dei nostri amici russi ci raccontava sottovoce in un inglese appena comprensibile del suo impresario che si innamorò prima dei balletti russi e poi… del bellissimo ballerino.
Dalle finestre illuminate riuscivamo ad intravedere anziane donne curve su telai del secolo scorso, assorte, silenziose… lo spettacolo mi affascinava e quasi mi commuoveva, mai però come due giorni prima (ed ancora non riuscivo a crederci) quando passeggiando con alcuni compagni sulla prospettiva Newskij mi trovai ad un tratto faccia a faccia col mio musicista preferito: Igor Strawinsky. Ero rimasto così sorpreso, scioccato, stupito che non avevo neppure aperto bocca. Non gli avevo detto niente… lo avevo guardato… lui mi aveva lanciato un’occhiata distratta ed aveva proseguito per la sua strada. “Che idea –ci dicevamo tra noi ragazzi- organizzare un viaggio del genere proprio d’inverno…” Qualcuno ricordo che disse “beh, altrimenti che gusto ci sarebbe? Non siamo un partito nato e temprato nella lotta?” Già perché non eravamo lì in gita di piacere, anche se facevamo di tutto per divertirci tra coetanei; eravamo lì mandati dal Partito per studiare e conoscere da vicino la realtà del primo paese al mondo che aveva creato il socialismo e che lo stava applicando con coraggio e coerenza, anche a costo di sacrifici immani.
Questa consapevolezza ci faceva accettare molte cose: dagli orinali sotto il letto (anche i più poveri di noi ormai avevano il bagno in casa, ma eravamo orgogliosi di provare a vivere per dieci giorni da “compagni”) ai film di Einsenstein che ogni sera ci venivano proposti dalla guida locale prima dell’immancabile cineforum. E se Alexander Newski ci aveva entusiasmati, non così in coscienza ci sentivamo di dire di “Ottobre” o della mitica “Corazzata Potemkin”. Lodavamo la potenza delle scene, l’originalità delle inquadrature, la perfetta visione ideologica… ma dentro di noi sognavamo un western o un film di fantascienza dell’odiata America capitalista.
Un altro ricordo bellissimo sono i pomeriggi di studio. Tutti assieme, in una stanza illuminata da lampade a petrolio (“certo che abbiamo l’elettricità, ci mancherebbe” --diceva la guida- “solo che per risparmiare la utilizziamo solo di sera… il pomeriggio possono bastare le candele e le lampade a petrolio”). Lezioni di marxismo-leninismo abbastanza scontate, ma era interessantissimo il momento del dibattito: sentire le domande che venivano dai compagni russi e dai compagni di altri paesi dell’est mi dava la misura della differenza tra il socialismo stampato nei libri e la sua applicazione pratica… io ed i miei compagni cercavamo di non intervenire, ma ascoltavamo sempre con piacere.
Ho serbato per ultimo quello che è stato per me il momento più emozionante di tutta questa esperienza. Era l’ultimo giorno (ci penso dopo tanti e tanti anni ed ancora mi vengono i brividi); stavo guardando fuori dalla finestra ed all’ improvviso il maestro che per giorni ci aveva spiegato i presupposti teorici del marxismo, le conquiste della rivoluzione e la grandezza innovativa del cinema sovietico venne alle mie spalle e mi strinse un braccio.
“Ho apprezzato la tua sincerità, compagno… sei uno dei pochi che non ha detto che qui tutto va bene”.
“La ringrazio, compagno” balbettai confuso.
“Sta scendendo la notte, compagno” mi disse. Tacque un attimo e soggiunse: c’ è buio fuori e c’è buio in questa stanza”. Ancora un lungo silenzio che io mi guardai bene dall’interrompere, perché mi sembrava di capire cosa volesse dirmi, ma non ne ero sicuro. Abbassò la voce e proseguì: “noi qui abbiamo avuto una nave che si chiamava “Aurora”, da voi uno dei simboli del socialismo è “il sole dell’avvenire”… ma io qui…” E si interruppe.
Mi feci coraggio.
“Qui lei, compagno vede solo l’imbrunire… è questo che vuol dire?”
La guida annuì.
Compresi allora il suo insegnamento. In effetti è difficile quando ci si trova immersi nel tramonto pensare all’alba.
Prospettiva Nevskij
(Franco Battiato)
Un vento a trenta gradi sotto zero
incontrastato sulle piazze vuote e contro i campanili
a tratti come raffiche di mitra
disintegrava i cumuli di neve.
E intorno i fuochi delle guardie rosse accesi
per scacciare i lupi e vecchie coi rosari.
E intorno i fuochi delle guardie rosse accesi
per scacciare i lupi e vecchie coi rosari.
Seduti sui gradini di una chiesa
aspettavamo che finisse messa e uscissero le donne
poi guardavamo con le facce assenti
la grazia innaturale di Nijinsky.
E poi di lui si innamorò perdutamente il suo impresario
e dei balletti russi.
E poi di lui si innamorò perdutamente il suo impresario
e dei balletti russi.
L'inverno con la mia generazione
le donne curve sui telai vicine alle finestre
un giorno sulla prospettiva Nevskij
per caso vi incontrai Igor Stravinsky.
E gli orinali messi sotto i letti per la notte
e un film di Ejzenstejn sulla rivoluzione.
E gli orinali messi sotto i letti per la notte
e un film di Ejzenstejn sulla rivoluzione.
E studiavamo chiusi in una stanza
la luce fioca di candele e lampade a petrolio
e quando si trattava di parlare
aspettavamo sempre con piacere.
E il mio maestro mi insegnò com'è difficile trovare
l'alba dentro l'imbrunire.
E il mio maestro mi insegnò com'è difficile trovare
l'alba dentro l'imbrunire.
Questa canzone è stata incisa da Franco Battiato, da Alice e dai Bluvertigo
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