venerdì 7 ottobre 2011

Da Ti racconto una canzone IN MORTE DI S.F.

IN MORTE DI  S.F.


Ciao, Susanna, anzi ciao Susy, come ti piaceva essere chiamata da noi amici… Mi sembra così strano scriverti una lettera anziché telefonarti o parlarti di persona, ma purtroppo le cose sono andate nella maniera atroce che sappiamo, anche se io non riesco ancora a rassegnarmi, anzi non riesco proprio a crederci. Mi sembra ieri che abbiamo preso quel caffè in centro. Ti guardavo mentre mi parlavi del tuo ragazzo, delle vacanze in Grecia, di tanti sogni e di tanti progetti… Parlavi così in fretta che ti mangiavi le parole, chissà perché, gesticolavi, eri agitata, rossa in viso per il piacere e l’entusiasmo di questa estate tutta da assaporare. Confesso che ti ho invidiato ed ho invidiato anche lui che ha saputo infonderti tanta voglia di vivere. Ho scritto “vivere”! Che brutta parola da usare con te. Conservo l’ultimo sms che ti ho mandato la sera prima “buone vacanze, carissima!. Un bacione a te e un saluto ad Andrea. tvb. Francesco” e la tua risposta “Grazie, sei un tesoro” tvb.
Quella mattina  continuavo a pensarti.  Ti immaginavo al volante, sicura, decisa, piena di vita come sempre. Non ho mai dubitato che ci fossi tu al volante. Nelle nostre scorribande da buoni amici non mi hai mai permesso di guidare, ho sempre pensato che la stessa cosa l’ avresti fatta col tuo ragazzo e lui, per amore, non ti avrebbe detto di no. Del resto, Susy, chi poteva dire di no a te, quando chiedevi qualcosa coi tuoi occhi volitivi ed ironici?  Io ero a casa quella mattina e mentre facevo colazione, con la mente immaginavo la scena: l’autostrada lunga, diritta, un tantino monotona almeno fino a Bologna;  la radio a tutto volume che diffondeva “Ruby Tuesday” e tu che le cantavi sopra; una bella accelerata e la canzone del motore si sovrapponeva alla tua voce e a quella degli Stones; Andrea sorridente e felice al tuo fianco.
Ogni volta che siamo andati in gita assieme mi ha sempre divertito la domanda che eri solita pormi mentre preparavamo i panini e le bibite: chi incontreremo oggi? Io non rispondevo e tu fantasticavi… un vecchio amico… o un’anziana signora che ci racconterà di quando Mussolini venne a visitare questa vallata… o, chissà, il grande amore della mia vita… e io che ti prendevo in  giro e ti chiamavo “romanticona”…  e ti dicevo “ma sono io il grande amore della tua vita” e giù a ridere tutti e due, tanto lo sapevamo che quando si è troppo amici, quasi fratelli non ci si può innamorare l’uno dell’altra…
 Sicuramente quel giorno, partendo per le vacanze estive hai posto la stessa domanda ad Andrea, magari avete fatto qualche ipotesi, ma né tu né lui avete neppure lontanamente pensato a chi avreste poi incontrato veramente. Alla tua età, alla nostra età, non ci si pensa. Ricordi quando a scuola leggevamo Leopardi o Masters o Foscolo, sempre così inclini a pensare alla morte? Non ce lo siamo mai detti ma lo abbiamo pensato di sicuro, almeno una volta: noi non moriremo mai. La morte è qualcosa per i vecchi, se proprio dovrà arrivare sarà tra cinquanta o sessant’anni… E invece…
Alla televisione ho visto l’immagine della tua macchina. Mi ha colpito il silenzio che regnava tra le lamiere contorte. E pensare che tu che il silenzio l’hai sempre odiato… amavi il rumore, la confusione, perché amavi la vita… chissà che fine ha fatto quella cassetta dei Rolling Stones che portavi sempre con te…
E mi sorprendo a ricordare un’altra cosa: quante volte davanti ad una notizia del telegiornale o a una vittoria dell’Inter o a una battuta infelice di qualcuno mi sono sorpreso a domandarmi “chissà cosa penserebbe la Susy in questo momento…” Ecco. Nell’apprendere la notizia mi sono chiesto cos’hai pensato nel momento in cui la strada all’improvviso si è come impennata, quando la tua macchina è decollata come fosse un aereo, prima di schiantarsi su un’auto in corsa nell’altra corsia.
Non sono venuto a vederti. E’ stata una scelta. Ho scelto di ricordarti come ti ho vista l’ultima volta: serena, entusiasta, innamorata del tuo ragazzo, ma soprattutto della vita. Sai una cosa, Susy?  mi piacerebbe pensare che in questo momento mi stai ascoltando.
Qualche volta, quando sarò solo e  nessuno mi sentirà, dirò a voce alta una di quelle battute o di quei giochi di parole che ti piacevano tanto.
Chissà che non riesca ancora, là dove sei, a strapparti un sorriso.



In morte di S.F.
(Francesco Guccini)


 Lunga e diritta correva la strada, l'auto veloce correva
la dolce estate era già cominciata vicino lui sorrideva, vicino lui sorrideva...
Forte la mano teneva il volante, forte il motore cantava,
non lo sapevi che c'era la morte quel giorno che ti aspettava, quel giorno che ti aspettava...
Non lo sapevi che c'era la morte, quando si è giovani è strano
poter pensare che la nostra sorte venga e ci prenda per mano, venga e ci prenda per mano...
Non lo sapevi, ma cosa hai sentito quando la strada è impazzita,
quando la macchina è uscita di lato e sopra un'altra è finita, e sopra un'altra è finita...
Non lo sapevi, ma cosa hai pensato quando lo schianto ti ha uccisa,
quando anche il cielo di sopra è crollato, quando la vita è fuggita, quando la vita è fuggita...
Dopo il silenzio soltanto è regnato tra le lamiere contorte:
sull'autostrada cercavi la vita, ma ti ha incontrato la morte, ma ti ha incontrato la morte...
Vorrei sapere a che cosa è servito vivere, amare, soffrire,
spendere tutti i tuoi giorni passati se così presto hai dovuto partire, se presto hai dovuto partire...
Voglio però ricordarti com'eri, pensare che ancora vivi,
voglio pensare che ancora mi ascolti e che come allora sorridi e che come allora
sorridi...

Questa canzone è stata incisa da Francesco Guccini e, col titolo “Canzone per un’amica”, dai Nomadi.




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